Anteprima: un’intervista a Barbara Mantovi
Barbara Mantovi ha lavorato per dieci anni presso Multiplo, Centro Cultura Cavriago (RE) dove si è occupata del primo servizio di prestito di opere d’arte in biblioteca della Regione Emilia-Romagna e di progettazione culturale in team. Oggi bibliotecaria, operatrice culturale e direttrice della biblioteca di Quattro Caselle (RE) porta tutta la sua esperienza alla Summer School Amministratori 2022.
- L’artoteca, questa sconosciuta si potrebbe dire. Eppure le realtà che hanno avuto la forza di portare avanti questo progetto hanno avuto ottimi riscontri. La domanda sorge spontanea: quali sono le premesse per l’apertura di un’artoteca?
(Barbara Mantovi) Un bibliotecario che si appresti a progettare un’artoteca teme solitamente di non possedere un sufficiente bagaglio di competenze in ambito artistico, di non riuscire ad affrontare le problematiche specifiche di un prestito così atipico, di offrire un servizio non recepito come utile ed importante dai propri utenti. Sono timori fondati? Quasi mai, se si crea una rete di alleanze con chi dispone delle necessarie competenze specialistiche, se si costruisce un progetto condiviso con le singole amministrazioni e si coinvolge la cittadinanza in un processo di costruzione del servizio. Insomma, cosa serve davvero per progettare un’artoteca che funzioni? Due ingredienti fondamentali: un buon progetto e un po’ di coraggio.
- Quali sono le riposte dell’utenza a un servizio simile nelle biblioteche in cui è già stato attivato?
(Barbara Mantovi) In Italia hanno aperto negli ultimi dieci anni 11 artoteche. Gli utenti di artoteca in Italia sono ancora un pubblico acerbo che fatica a costruire una relazione facile con il servizio di prestito delle opere d’arte. Nell’esperienza dell’artoteca del Multiplo di Cavriago, i dati statistici indicano da diverso tempo una tendenza abbastanza stabile: un utente resta tale per circa tre anni. Superata quella soglia l’utente o perde interesse per il servizio o, al contrario, sente di aver acquisito competenze tali da muoversi autonomamente nel mondo dell’arte grafica o fotografica. Dopo circa tre anni gli utenti di un’artoteca iniziano ad acquistare opere anche da artisti che non hanno conosciuto o scoperto tramite il servizio di prestito, allargano la loro esperienza con il mondo dell’arte.
- Pensando alle realtà locali che organizzano la Summer School, comuni medio piccoli della bergamasca, viene da chiedersi se un progetto come l’artoteca possa essere capito. Se dovesse nascere in una piccola biblioteca di paese (un po’ come quella di Levate), cosa porterebbe in più all’utenza?
(Barbara Mantovi) Aprire un’artoteca è un investimento sulla bellezza a favore della propria comunità, che può contribuire a generare “l’ambiente giusto per produrre cittadini onesti e felici” (rif. James Bradburne, Gli occhi comprendono meglio del cervello). La bellezza educa all’empatia, al rispetto, all’ascolto, ad una riflessione meno vacua e vorace della realtà che ci circonda. Come biblioteca possiamo lavorare per offrire ai membri della comunità un’occasione durevole e continuativa per frequentare l’arte e orientare un processo di apprendimento che nasce da un rapporto emotivo ed estetico con l’arte visiva. In Italia esiste una grande distanza tra il sistema dell’arte e le persone comuni. L’arte è percepita come elitaria, un lusso per pochi, un’occasione di svago senza reale utilità per la vita di tutti i giorni. Occorre invece sottolineare come il valore dell’opera d’arte, che sia un quadro, una performance musicale, uno spettacolo teatrale, stia nel suo essere innanzitutto un’occasione di relazione e comunicazione con gli altri, all’insegna della bellezza.
- Cosa potrebbe portare un Amministratore di un Comune, grande o piccolo che sia, ad aprire un’artoteca? Sarebbe capito, e supportato, come progetto a livello politico?
(Barbara Mantovi) L’Artoteca non è solo un luogo fisico, è un approccio filosofico ed esperienziale, basato sulla convinzione che la cultura della bellezza sia una pratica che dura tutta la vita, non un evento occasionale, legato a una sorta di apparizione del bello, indipendente dalla nostra volontà e dalle nostre scelte. Il servizio di prestito di opere d’arte deve dunque porsi come un mediatore attivo nel produrre l’incontro fra un’esperienza dell’arte e i diversi attori che vi partecipano: autori, utenti, operatori del servizio, le stamperie, ecc. Insomma, proporsi come un facilitatore di una rete – la comunità artistica – che trova nei potenziali utenti un orizzonte di allargamento della pratica del bello per mezzo di quell’esperienza che abbiamo già definito come una pedagogia dello sguardo e della bellezza. L’ingrediente fondamentale di un servizio di prestito d’arte che funziona è la fiducia; un’artoteca amata dal suo pubblico, con dati di prestito soddisfacenti ha intorno a sé una rete di relazioni salde che coinvolge operatori, artisti, utenti, amministratori e partner connessi da un reciproco sentimento di stima. La fiducia è una forza motrice fondamentale, il collante che tiene insieme le persone e le organizzazioni in una relazione positiva e costruttiva – tanto nei servizi pubblici quanto negli organismi privati – e rappresenta certamente il requisito di base, il terreno fertile su cui costruire un progetto innovativo.
Queste sono le basi dei due workshop dedicati all’apertura di un’artoteca che Barbara Mantovi terrà nei due giorni della Summer School. A supporto della teoria, un metodo pratico, innovativo e creativo, il Library Canvas Team, prezioso strumento di pianificazione per sostenere bibliotecari e amministratori nella creazione di contenuti per le biblioteche.
I due workshop si terranno lunedì 29 agosto delle 14.30 alle 17.00 e martedì 30 agosto dalle 9.30 alle 12.30 su iscrizione.
Intervista a cura di Laura Barazzetti, Biblioteca Comunale di Levate (ente patrocinante)